BASTA CAVE nella VENETIA Indipendente

PREMESSA

Userò un linguaggio crudo, ogni periodo storico ha le sue necessità e quel momento è arrivato.
Le cave fanno schifo, sono un cancro, e come un tumore hanno e stanno erodendo la bellezza ed il valore del nostro territorio, devono essere limitate, definite, imbrigliate, devono diminuire financo essere chiuse.
Il sistema di procacciarsi del materiale inerte, utile all’edilizia, facendo dei buchi perpetui e non più diversamente utilizzabili, nei nostri campi , tra le nostre case , deve finire e subito.
Per non parlare dello sfruttamento con modalità mafiosa della ricchezza economica derivante, che alimenta lo scambio per interesse, i vantaggi a pochi privati, la corruzione, il clientelismo.
Dunque, siamo tutti d’accordo, come nelle religioni ci sono i dogmi che vanno presi per come sono senza discussioni, la bruttezza delle cave dovrebbe essere sufficiente a rendere dogma la necessità di chiuderle.
Eppure invece ci sono anche delle spiegazioni logiche.
Non c’è nulla di complicato, è tutto semplicissimo, solo chi ha interesse a mantenere lo status quo si perde in avventurose e complesse considerazioni.

SUPER SINTESI NORMATIVA

L’attività di escavazione oggi è regolata dal PRAC (piano Regionale per l’attività di Cava).
E’ stato approvato nel 2003, ma non per buona volontà ed efficienza, bensì perché il TAR nel 2002 ha ordinato all’amministrazione regionale di dotarsi di un piano cave entro 12 mesi.

RESPONSABILITA’ POLITICHE PREGRESSE

Ci furono tentativi di approntare un PRAC da parte della giunta regionale nel 1984, ma quando fu presentato al consiglio regionale nel 1987 si arenò, in quanto hanno prevalso quei forti interessi volti a mantenere l’attività il più possibile libera da vincoli.
Ovvero libera iniziativa privata imprenditoriale blandamente regolata amministrativamente a livello molto locale.
Non serve riassumere cosa ciò abbia significato : un ventennio di saccheggio.

RESPONSABILITA’ POLITICHE ATTUALI NON RISOLTE

Chi pensava che con il PRAC del 2003 il saccheggio sarebbe finito si sbaglia, infatti è continuato, questo è un dato di fatto, lo vediamo ogni giorno .
Per esempio esso riguarda solo l’escavazione di ghiaia e sabbia. Con questo trucchetto le altre attività estrattive strategiche , per esempio argilla e calcare, restano quasi libere.
E’ utile ricordare che solo nel 2008 poi è stata introdotta, come da obbligo europeo, la Valutazione Ambientale Strategica.
Naturalmente, non potendosi intervenire retroattivamente ,non può essere toccato il pregresso , dunque non si creda di essere a posto, in quanto il concessionato precedente, continua ad essere scavato.

ALTRI LIMITI NORMATIVI

Se le cave fanno schifo, anche il PRAC attuale e la legge quadro sono inadeguati.
Si fa riferimento alla legge ambientale regionale n. 44 del 1982. Per come cambia il mondo oggi, in termini di esigenze e situazione stiamo parlando del secolo scorso, in tutti i sensi.

Dunque, come una costituzione, sarebbe anche da rifare la legge madre per definire quei principi generali che non possono essere materia di un piano.

Vari ancora gli aspetti che attendono di essere normalizzati :

– distribuzione delle aree da scavare tra siti esistenti e nuovi
– definizione una volta per tutte delle competenze tra i vari enti
– interferenza ed integrazione con la legge urbanistica regionale, perché non si possono certo fare le cave a caso senza avere una visione organica e globale della situazione .
– definizione di obblighi di riqualificazione post-esaurimento dei siti

Non si capisce infine perché, così come è stato per i rifiuti, perché le provincie, ambito ottimale per la regolamentazione delle attività, non possono essere interpellate e dire la loro, anche con potere di veto, se motivato e necessario.

Infine si devono chiarire gli ambiti di competenza dei comuni.

Non l’avevamo ancora fatto , ma siamo costretti a farlo.
In ambito nazionale italiano l’attività estrattiva è regolata dal Regio Decreto del 29 luglio 1927.
Non serve aggiungere altro!

FABBISOGNO, QUALCHE NUMERO

Tanto per informazione in Veneto ci sono 594 cave attive e ben 781 dismesse (dati lega ambiente 2008).
Il PRAC attuale si basa su statistiche generali italiane e fissa il valore il 16 milioni mc /anno.
Noi invece siamo andati a vedere un dato più oggettivo, ovvero la media della produzione regionale delle principali imprese che utilizzano inerti nel loro ciclo produttivo nel decennio 1991-2002 che si attesta a 8,5 milioni di mc /anno.
Se ne deduce che un quantitativo elevato è destinato ad esportazione fuori regione.

PROPOSTA ALTERNATIVA

Dati in milioni di metri cubi/anno.

Blocco delle esportazioni ed escavazione solo per le necessità territoriali.
Da prodizione di detriti, nel 2002 ammonta a circa 1,3 e con una attenta politica tale valore potrebbe essere almeno portato a 1,5 (in un recente dibattito pubblico un noto imprenditore esperto del settore ha sostenuto che addirittura 3 milioni di metri cubi sono raggiungibili).
Riduzione di consumi dati dalla contrazione del mercato edilizio che non potrà mai ritornare ai valori degli anni 90, pari a 1,5.
Pulizia dei fiumi: non si tratta di usare i fiumi come cave, ma solo di fare quel minimo di manutenzione basica che da decenni non viene fatta e per un motivo strumentale anche: si dovevano aprire nuove cave. Sommando Piave, Brenta ed altri bacini si può ricavare 0,5.
Riciclaggio da demolizioni varie: è un mercato in crescita , attualmente pari 0,85.
Se ne deduce un fabbisogno effettivo di : 8,5 – 1,5 – 1,5 -0,5 – 0,85 = 4,15 milioni di mc anno .
Mettiamoci un 20% di incertezza ed è evidente che circa 5 milioni di metri cubo/anno sono più che sufficienti, contro i 17,25 ora previsti .

RINNOVAMENTO TECNOLOGICO

L’utilizzo di inerti nelle costruzioni deriva da probabili motivazioni storiche.
Il territorio italiano è storicamente privo di materiali alternativi e l’embargo subito durante il periodo fascista ha ulteriormente aggravato la situazione, orientando le costruzioni maggiormente verso il cemento armato. Ma sono passati infiniti decenni.
Eppure solo noi ancora costruiamo ancora così. Nel resto dell’Europa e del mondo ci sono anche materiali complementari ed alternativi, quali legno, acciaio, materiali plastici, materiali compositi, più o meno riciclati e così via.
Si dovrebbero investire una parte dei proventi derivanti dall’escavazione per fondare e finanziare centri di ricerca per l’innovazione tecnologica nelle costruzioni. Se l’edilizia può essere un settore economicamente trainante, e quando ciò non avviene vediamo subito le ricadute negative sul resto dei comparti, ciò passa attraverso la raccolta delle sfide che impone la modernità, nell’invenzione e nell’uso, almeno in parte, di materiali diversi, o derivanti dal riuso.

2012-2032 IL SACCHEGGIO PIANIFICATO

Nonostante la presenza del nuovo obbligo europeo di dotarsi della VAS anzidetta (Valutazione Ambientale Strategica), la Regione del Veneto sembra non accorgersi invece che il mondo cambia ed attualmente , attraverso lo strumento del PRAC intende far passare un limite di escavazione pari a 17,25 milioni di mc/anno , con un incremento di ben il 70% sulla effettiva produzione media del periodo 1990-2002, di cui ben il 50% concentrato nella sola provincia di Treviso, che , secondo loro, dovrebbe essere soggetta ad un prossima devastante massacro, ditemi voi se siete d’accordo.

NON SERVONO NUOVE CAVE

Sulla base dei numeri anzidetti è invece a nostro avviso semplicemente temerario sostenere che servono nuove cave, se non nell’ottica del non scontentare , entro un meccanismo di lottizzazione, qualche amico dell’amico che ha il giacimento in via di esaurimento.
Si pensi poi al solo fatto che nella cave attuali , le riserve ammontano complessivamente nel Veneto a circa 100 milioni di metri cubi, pari , secondo ai nostri calcoli a 20 anni di escavazione sostenibile, con una semplice razionalizzazione dei siti esistenti, senza necessità di ulteriori concessioni.

VALORI ECONOMICI

E’ fonte infinita di squilibri.
A fronte di investimenti modesti, l’inerte estratto dai cavatori viene da loro rivenduto ad un prezzo che oggi si aggira indicativamente sui 10 euro/mc .
Primo squilibrio : in genere appena 0,75 €/mc viene redistribuito alla collettività locale, il resto , al netto dei costi, diventa utile d’impresa dei cavatori e tassato dallo stato centrale italiano , che non restituisce praticamente nulla al territorio saccheggiato.
Secondo squilibrio: e’ curioso, se non scandaloso poi, che una classe politica ammetta di far vivere un fatturato che su scala regionale è in fondo tutto sommato modesto per una potenza industriale con il Veneto , ovvero 160 milioni di euro l’anno , pur avendo nel contempo , tale attività prodotto situazioni così evidenti in termini di devastazione .
Difficile fare stime in questa sede , ma il danno arrecato potrebbe essere superiore al fatturato secondo un fattore che se posto pari a 10 , sarebbe oggetto di discussione di sovrastima o sottostima, ma sempre entro quell’ordine di grandezza .
Dunque ci si chiede se per quattro palanche nel globale , corrispondenti a enormi guadagni di pochi eletti nel locale, valga davvero la pena scavare buchi tali da rendere una zona inabitabile per l’eternità a meno di non doverci spendere sopra dieci volte tanto quello che ha reso in termini di fatturato immediato.

DEGRADO MORALE

A proposito di scandali, nel settore cave , più o meno intrecciate con la politica, la truffa e la corruzione si potrebbe scrivere un poema.
Eppure qualcuno si ostina a voler tener in piedi ciò che invece deve essere urgentemente rimosso, ovvero l’esistenza stessa di cave concessioni e cavatori.
Facciamo solo delle citazioni puramente esemplificative :
– Vidor, la nuova strada della ghiaia, meglio più lunga e costosa, che più corta.
– Operazione Barcon
– Pedemontana Veneta ed il business del buco
– Scandalo: censite ben 13 cave solo tra Paese a Ponzano Veneto
– Ponzano e Paese, cavatori offrono impianto fotovoltaico da 800 kW per poter scavare fino a 65 m, come dire perline di vetro agli indiani in cambio dell’oro
– Infinite situazioni di corruzione documentate

COME CHIUDERE LE CAVE SUBITO

Le cave a cielo aperto devono chiudere per sempre, devono sparire dal Veneto ed essere dismesse entro il 2017 e riqualificate entro il 2020.
Vista la disponibilità di 100 milioni ed il consumo effettivo Veneto attestabile a 5 milioni di mc/anno, c’è tutto il tempo di approntare un sistema moderno di approvvigionamento alternativo, che elimini per sempre le cave dal nostro futuro e le releghi ad un residuato degli anni 70-90.
Guardiamoci attorno, cosa hanno fatto in Trentino? Gallerie nelle montagne.
Si può fare con un adeguato piano , approntabile in 6 mesi e realizzabile in un quinquennio.
Si tratta di scavare delle miniere della zona prealpina, in concessione demaniale, in 2-3 grandi centri. Le miniere hanno basso impatto ambientale e si vede solo una piccola porta sul dorso della montagna .
Attraverso la costruzione di altrettante mini-ferrovie, anche a scartamento ridotto, il materiale scavato uscirebbe silenziosamente senza inquinare e sarebbe trasferito in 5-6 centri di smistamento localizzati uno per provincia, anche localizzati presso le attuali cave, che così avrebbero una nuova funzione .
Ciò consentirebbe di ridurre fortemente anche il grande traffico di mezzi su gomma che ogni giorno intasano ed inquinano il nostro territorio, senza per forza dover rinunciare alle materie prime necessarie alla nostra vita economica, che certamente ci servono, ma la cui estrazione non potrà mai più essere fatta come ancora oggi purtroppo avviene .

Gualpertino da Coderta

4 risposte a “BASTA CAVE nella VENETIA Indipendente”

  1. Premetto che conosco superficialmente la questione delle cave, ma non sono del tutto d’accordo con l’articolo. E’ sicuramente fuori dubbio che negli anni si sia abusato di cave miniere,e che la gente non vede di buon occhio queste operazioni che sembrano solamente danneggiare l’ambiente e gonfiare le tasche di qualcuno, ma credo che sia sbagliato dire, “chiudiamo tutte le cave a cielo aperto”. In Austria ho visto cave enormi fatte in modo da ridurre al minimo impatto visivo. Orientare in maniera da essere quasi invisibili da chi arriva da lontano. Ho visto ex cave quasi completamente reintegrate nell’ambiente circostante. Credo infatti che il problema principale delle cave e miniere italiane, stia sul fatto che i ripristini raramente vengano eseguiti. Infatti l’estrazione da una cava dovrebbe seguire un progetto, e una volta estratto il materiale è obbligo dell’estrattore ripristinare il luogo secondo un progetto, risistemando il profilo, eventualmente anche ripiantumando, con lo scopo di riconsegnare il sito in armonia con l’ambiente. Purtroppo , quando si giunge a questa fase, spesso si cerca con dei stratagemmi di evitare questa spesa.
    Dunque sono d’accordo sul fatto che le cave come sono attualmente gestite fanno schifo, ma se fanno schifo, cerchiamo di farle più belle e integrate nell’ambiente, non di chiuderle e basta. Sono orribili anche certi siti industriali, li chiudiamo e li buttiamo giù? Ci sono cave per materiali particolari (marmi, argille, minerali) che devono essere fatte nei rari posti dove questi materiali si riescono a trovare.

  2. Uum, direi che stiamo parlando di due cosa diverse. Le cave del trevigiano sono tutte a cielo aperto nella pianura e sprofondano sotto il livello del piano campagna creando laghi incolmabili profondi decine di metri , Impossibili da ripristinare, salvo riempirle di rifiuti trasformandole in discariche, della serie peso el tacon del sbrego. Sono cave di ghiaia , che si puo’ prendere benissimo altrove, frantumando roccie dolomitiche senza trasformare la pianura in una groviera. Quelle che hai visto tu invece sono tutt’altra cosa , ovvero asportazione di materiale da profili collinari che poi vengono rivestiti.

  3. Desideravo esprimere anch’io la mia esperienza in tema di cave.

    Intorno al 2002, con un gruppo di persone sensibili alla tutela ambientale, fondammo e registrammo un comitato ambientalista, che quale primo tema, affrontò il problema cave dell’area.

    Esisteva infatti in zona una enorme cava a cielo aperto, che era stata definita da un giornalista ” un buco enorme che si vede persino dalla luna “.
    La stessa, veniva escavata per procurare marna di calce.
    Originariamente, le estrazioni si svolgevano in miniera, con un impatto ambientale molto limitato, considerato che solamente l’arco d’accesso era riscontrabile dall’esterno, ma ogni lavoro si svolgeva in miniera, nella parte interna del monte.
    Verso gli anni ’70, un cambio di destinazione, concesse alla proprietà di escavare all’esterno, con il risultato di sbancare una enorme fiancata di monte, con una spianata prospicente.

    Il nostro comitato, dall’epoca della sua fondazione, si mise immediatamente all’opera, sensibilizzando autorità e cittadinanza, con conferenze pubbliche e atti formali anche in provincia e regione.
    Ma solamente verso il 2007 qualcosa cambiò, forse anche perchè, l’ingegnere minerario che sovraintendeva per la parte pubblica le concessioni dei cavatori, fu sorpreso con le mazzette fresche in tasca.
    Giustificazione del soggetto : ” Sono dei regali che mi offrono i cavatori, per il mio buon lavoro di consulenza “.
    Credo che solamente in italia, si assistano a episodi che a mio parere hanno del paradossale, frammisto al patetico.

    A quel punto, relazionammo dettagliatamente in Procura.
    Poche famiglie, per proprio tornaconto personale, danneggiavano nei fatti una moltitudine.
    Quel che era problematico, era che, apparentemente, tutto sembrava in perfetta regola e a norma di legge.
    Dico sembrava, perchè non fu dello stesso avviso un ferreo magistrato coraggioso, da noi interessato al problema, che dopo opportune indagini circostanziate, dispose la chiusura della suddetta cava e rinviò a processo il cavatore, che scontò la propria condanna, con una oblazione pecuniaria, d’entità a nostro parere irrisoria, rispetto al danna causato.

    Oggi la cava è comunque finalmente chiusa e in via definitiva.
    Così non fosse, il nostro comitato di cui oggi sono Presidente, rimane sempre vigile e battagliero.
    Come da sue tradizioni.

    CrisV 🙂

  4. Basta cave subito.
    E basta decisioni sulla testa degli abitanti dei comuni dove si autorizzano le cave,gli abitanti del comune(e non il sindaco o il consiglio comunale) devono poter esprimere il proprio parere sul argomento in modo democratico.
    Le cave sono un malaffare della Regione Veneto, circolano solo tangenti nell’ autorizzazione delle cave.
    I veneti ne hanno le “palle piene” di certi politici veneti, e di quello che programmano per la provincia di treviso.
    Mi fa molto piacere sapere che indipendenza veneta intende affrontare il problema cave e il problema ambiente con modalita’ diverse, l’ambiente sano è una risorsa difendiamolo a oltranza.

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