Uno Stato non può sopravvivere nel mondo moderno senza una adeguata politica estera a supporto delle proprie alleanze strategiche ed economiche. La politica estera può essere elaborata in sede nazionale ma, per la gran parte, deve essere esercitata da uomini e strutture all’estero. E’ probabilmente in virtù di tale certezza che, quando sentiamo la parola “diplomazia” ci viene automatico associare il termine “ambasciatore”. Il che non è, né sbagliato, né fuori luogo. Ciò che va corretto sono però il ruolo ed il costo che tale figura detiene nella scala dei valori della diplomazia. Se da un verso, infatti, egli è il vertice gerarchico di una struttura statale all’estero, non ne dobbiamo scordare la sua funzione e qui scopriamo che, spesso, il primo a fare confusione sulla questione è proprio colui che “non porta pena”. Scorda di essere lo strumento e non il fine della diplomazia, perché all’apice della piramide sociale, troviamo (o almeno, dovremmo trovare) non lui, ma il popolo. Non di rado, invece, egli scambia il mandato ricevuto per un’onorificenza. In un certo modo fa tornare alla mente tutti quei politici di mestiere che indipendentemente da ciò che producono o rendono alla Nazione, si pongono al di sopra dei cittadini, (anziché al loro servizio), convinti che la gente debba rispettare il loro “rango”. Molti di loro, piuttosto che agli impegni che derivano da un incarico pubblico, pensano maggiormente al lustro ed ai vantaggi a questo collegati (un ambasciatore di ruolo tra i più fortunati può percepire tra stipendio e Indennità Speciale Estero ISE circa 35.000 euro, più premi e rimborsi, netti ed esentasse, AL MESE!). Giusto per fare un esempio di quanto costi uno di questi signori ai cittadini dell’italico stivale, chiamiamo in causa l’ambasciatore italiano in Germania che, in virtù del “gravoso” carico di responsabilità (circa 60 dipendenti- sic!), riceve ogni mese, qualcosa come 20.000 euro, più eventuali assegni famigliari, indennità accessorie e rimborsi spese vari (circa 200.000 euro esentasse all’anno) ed ovviamente il ricco “premio di risultato (?!)”, variabile tra i 50 e gli 80.000 euro annui. Il poverino , quindi, che ha la sfortuna di non dirigere una sede disagiata per la quale riceverebbe anche un importante indennizzo supplementare, percepisce qualcosa di più di un operaio, ma anche qualcosa di più dell’appannaggio di Angela Merkel (9.600 euro) che di cittadini tedeschi ne deve amministrare 80 milioni!
Se è giusto parlare degli orrori della casta politica (e lo scrivente, quale ex parlamentare italiano,non può essere esente da critiche), non dobbiamo dimenticarci di menzionare, visto cosa costa nel suo complesso, anche la casta diplomatica. Scorrendo poi l’elenco nominativo dei circa mille diplomatici di carriera, potremmo anche rilevare che la famiglia della Farnesina assomiglia molto ad una curia gentilizia, che si specchia maggiormente nella classe nobiliare ottocentesca, che non in uno strumento socio-politico-economico moderno. Trascurando comunque che nelle loro vene scorra sangue blu o meno, se paragonassimo l’operatività dei diplomatici italiani e degli amministrativi apicali impiegati nelle ambasciate e nei consolati italiani, con quella dei diplomatici dei più dinamici Paesi esteri, ci accorgeremmo immediatamente della discrasia esistente, tra gli uni e gli altri dovuta alle sostanziali differenze, nel rapporto costi-benefici ricavabili dal confronto. Al di là della pomposa elencazione di attività previste nel sito del MAE (Ministero affari esteri) su: servizi italiani all’estero, cooperazione allo sviluppo, opportunità per le imprese ed altro, l’impressione che si riceve è, infatti che,presso gran parte delle ambasciate italiane, venga privilegiato l’aspetto della pura rappresentanza istituzionale. L’ambasciatore , per interpretare bene tale compito di immagine, è circondato da una corte di collaboratori personali ( autista body guard, funzionari di carriera quali consiglieri e segretari d’ambasciata, un consulente commerciale, un addetto culturale ed uno militare…per il momento manca quello spirituale , ma non è escluso che in futuro…).Visto poi, che deve pur esserci qualcuno che lavori, non mancano ovviamente gli impiegati esecutivi, i quali oltre alla ISE di cui sopra, percepiscono stipendi enne volte superiori a quelli di colleghi stranieri o connazionali impegnati nel settore privato, come sono d’altronde anche sempre presenti gli addetti alla sicurezza (solitamente Carabinieri in missione che percepiscono dai 5 ai 9.000 euro al mese ognuno, a seconda dell’allocazione diplomatica). Che dire poi delle sedi d’ambasciata e consolari? Oppure delle residenze dei diplomatici italiani?
Queste ultime, in una sorta di gara tra ambasciatori, sono luoghi dedicati all’esibizione di lusso e vanità. All’insegna del “chi più appare e spende, più conta”, i saloni delle ville private degli ambasciatori pagate con le tasse degli italiani, sono spesso graziosamente offerti per celebrare anniversari o ricorrenze pubbliche. Sono però anche, grazie ai lauti rimborsi previsti per la rappresentanza e per le relazioni pubbliche, luoghi ove si consumano non di rado feste private per ospiti appartenenti a circoli ristretti e cene per diplomatici e/o politici di passaggio. Corridoi e saloni ricordano il veneto “liston” ove i convenuti si fanno “quattro vasche” scambiandosi “utili” opinioni nell’attesa di un’aragosta in belvedere, servita da personale in guanti bianchi e preceduta da stuzzichini a base di caviale e salmone innaffiati da champagne. Ovviamente la posateria è d’argento ed i calici rigorosamente in cristallo di boemia. Presso le ambasciate di gran parte dei partner europei, Germania, Francia, Svezia ecc, ma anche di Paesi economicamente oggi emergenti, come Russia, Paesi Baltici, ed alcuni altri Stati, nati dallo smantellamento dell’ URSS, oppure rappresentanti dell’estremo oriente, quando un funzionario apicale, compreso il suo massimo esponente (l’ambasciatore), al mattino si alza, solitamente imposta la propria agenda sullo sviluppo, non di una lista di invitati per il prossimo cocktail, ma sulle necessità delle attività economiche che il suo Paese ha in loco. Se così non fosse probabilmente l’Italia (ultimo esempio) non avrebbe perso a favore di una Francia probabilmente più attiva sul piano diplomatico, la ricca commessa di elicotteri militari destinati all’India. Parigi, infatti, con un’abile e spregiudicata azione ha “soffiato” alla cordata industriale italo inglese un appetitoso ordinativo di mezzi militari, fatto che è stato poi nervosamente sottolineato, purtroppo, dalle note vicende seguite all’episodio dei due marò. Quando mai i nobili diplomatici romani, per accaparrarsi una commessa importante o tentare di salvarne una sotto scacco, si sarebbero posti al servizio dell’italica economia produttiva diventando così dei semplici procacciatori d’affari, magari (orrore!) con un plebeo listino prezzi ed offerte speciali, in mano? Ridicolo solo pensarlo! Protocolli ingessati, prassi da rispettare, rispetto di una dignità, tanto autoreferenziale quanto avulsa dalla realtà, sono per la diplomazia italiana il facile alibi dietro cui nascondere la propria storica indifferenza per le vicende economiche dei connazionali. Se si desse, quindi, un’occhiata alle laute buste paga, alle indennità di missione, ai rimborsi ordinari e straordinari per le spese personali e di viaggio, per quelle di rappresentanza e per quelle relative alla manutenzione delle residenze, ma si guardasse soprattutto ciò che non viene fatto con tutti quei soldi, ci si accorgerebbe di come la crisi esista per gli italiani, ma non per tutti. E tra questi “tutti” inseriamo a pieno titolo le migliaia e migliaia di persone privilegiate (tra cui i 900 e rotti diplomatici di carriera veri e propri) che lavorano (è un eufemismo) nelle 786 (Settecentoottantasei!!!!!!!) tra AMBASCIATE e rappresentanze (circa 140), CONSOLATI ordinari ed onorari, Istituti di cultura ed altre sedi varie del MAE sparse in giro per il mondo (vedi dati uff.li della FARNESINA). Visto che per questo baraccone, cooperazione compresa, comunque spendiamo circa 4 miliardi, pari cioè a quasi lo 0.30% del PIL italiano che a sua volta è di circa 1.700 miliardi di euro/anno), vien da chiedersi se sia tutto indispensabile.
Paolo Bampo
AFFARI ESTERI del Veneto: Italia, un esempio da non seguire http://t.co/g3IXJJeGnZ
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Me vien da vomitar! Ma riusiremo mai a £iberarse da tute ste sanguete?
Spero e lotto con tute £e me forse par £a indipendensa del Veneto e par abatere
finalmente sto mostro ke se ciama Stato talian.
Senpre vanti! VSM!
Tutto vero ciò che ha scritto; si è dimenticato di dire che tutti gli ambasciatori hanno dei soldi a fondo perduto che possono dare a chi vogliono. Avendo vissuto all’estero ebbi occasione di conoscere e discutere riguardo ciò con un ambasciatore. Posso altresì affermare che in alcuni paesi del terzo mondo, gli italiani che debbono rinnovare il passaporto, debbono fare la fila con la decina di locali che presentano la pratica per avere il visto per l’ italia; tale pratica è mancanza di rispetto per i pochi cittadini italiani che devono solo rinnovare il passaporto.
Se la capitale fosse stata nel Veneto ora non avremmo debito pubblico. Perfino quel leghista di Salvini affermò in tv che se la sanità fosse amministrata in tutta italia come in Veneto(non disse come la Lombardia pur essendo lombardo),si risparmierebbero oltre 20 miliardi di euro l’anno.
Già nel 1860 i cosìdetti padri della patria si accorsero dell’enorme diversità culturale tra nord e sud italia.
Nel programma di @Vaime su LA7 , fecero vedere i costi dei governi di Francia, Germania e Regno Unito del 2010, ebbene tutti insieme raggiungevano la cifra poco inferiore ai 1600 milioni di euro, mentre l’italia da sola oltrepassava di poco i 1600. Ciò fa comprendere la cultura spendacciona che vi è al sud.
Nei ministeri romani vi sono 4000 dirigenti, per non parlare del numeroso personale che serve solo a scaldare la sedia se non a timbrare per poi andare a fare i fatti loro fuorché lavorare.
Ci siamo mai chiesti perché solo ora in italia si comincia a criticare gli sprechi e non 30 anni fa?
Ci siamo mai chiesti perché la giustizia italiana non funziona mentre sotto la Serenissima funzionava egregiamente?
Si vada a vedere chi lavora come giudici, magistrati o quanto altro nei tribunali veneti, poi si capirà perché non funziona.
Si è accertato che il sud fa solo danni, allora perché il governatore Zaia non afferma pubblicamente che in Veneto vogliamo che siano i veneti ad amministrare in tutti i settori dello stato?
In Calabria nel 2007 alcuni dirigenti non calabresi furono cacciati perché rappresentavano un’offesa alla calabresità; per accertare la veridicità basta chiedere alla signora Doris Lo Moro, attualmente parlamentare del pd.
Riappropriarsi del proprio territorio non è razzismo, come alcuni imbecilli vogliono farci credere, ma è solo consapevolezza che solo i veneti potranno salvare se stessi, in quanto l’italia ha già dimostrato la propria malvagità in tutte le sue forme.
Dobbiamo fermare al più presto questo abominevole colonialismo affinché i veneti si riapproprino della loro dignità di popolo, non più come schiavi che devono lavorare e produrre per i padroni del sud come è attualmente.
Francamente, non è da stupidi farci amministrare da persone che provengono dalle regioni più corrotte d’italia e che hanno una cultura totalmente diversa dalla nostra, come dimostra lo scritto del signor
Bampo? Con la scusa del razzismo, per decenni, i signori del sud ce lo hanno messo in quel posto derubandoci di risorse e venendo a comandare a casa nostra.
sbloccati 5 miliardi per lazio e campania per il VENETO solo 90 milioni di bricciole che schifo
Noi possiamo votare chi vogliamo ma a roma saremo sempre in minoranza, da qui la necessità dell’indipendenza che ora è necessaria come l’aria che respiriamo.
Un’altra prova che la de girolamo ha ragione; i veneti non sono nessuno, infatti si vede dove vanno i soldi.
La mia paura è che Zaia ed altri politici prendano tangenti da roma per permettere che accadono queste cose; non vedo altre spiegazioni plausibili per fatti così ingiusti.
L’italia non è un esempio da seguire in qualsiasi campo, non solo in ‘affari esteri’.